Group of teenagers sitting outdoors using their mobile phones

(29.07.2016)
Lo  smartphone può creare dipendenza e le app, i giochi, i social network rischiano di diventare simili alle sbarre di una prigione. E’ quello che rischiano gli adolescenti (ma non solo) che vivono in uno stato di perenne connessione alla rete. L’allarme viene lanciato da alcune ricerche svolte durante i mesi della scuola da Quore (associazione bolognese di psicologi e psicoterapeuti) e da uno studio elaborato da  Sos Telefono Azzurro con Doxadis.

Quore ha intervistato 300 ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 12 anni della provincia di Bologna, sottoponendo loro un questionario. E’ emerso che, durante le ore di lezione, l’uso del telefonino è limitato ma durante il resto del giorno il 99% dei ragazzi è quasi costantemente connesso, occhi fissi sullo schermo dello smartphone.

La ricerca di Telefono Azzurro ha invece coinvolto 600 ragazzi di tutta Italia tra i 12 e i 18 anni e 600 genitori. La situazione è preoccupante: il 17% dei giovani intervistati ammette di non riuscire a staccarsi dallo smartphone, il 45% si connette più volte al giorno, e il 21% è afflitto da “vamping” (si sveglia durante la notte per controllare i messaggi sul cellulare). Un fenomeno che viene definito “nomofobia”, che indica la paura incontrollata di rimanere sconnessi dal contatto con la rete di telefonia mobile.

L’unità operativa di Psichiatria e psicoterapia dell’Ospedale di Bologna ha dato vita  a un team che segue 200 ragazzi l’anno. Di questi, il  il 13% soffre della “sindrome del ritiro” e non esce di casa. Secondo gli esperti, dietro l’uso compulsivo di smartphone e pc, si nascondono ansia, depressione e disagi psicologici. E la piattaforma più usata dai ragazzi tra gli 11 e i 13 anni non è Facebook ma WhatsApp.

Sulla questione interviene anche l’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna: smartphone e altri strumenti tecnologici di comunicazione “dovrebbero rendere più semplice la fruizione della realtà e invece sono causa di dipendenza che, iniziando dall’età adolescenziale, può perdurare fino all’età adulta”.

Secondo Anna Maria Ancona, presidente degli psicologi dell’Emilia Romagna, “il cellulare è ormai diventato un’estensione del nostro corpo. E nessuno penserebbe di fare a meno del proprio braccio. Soprattutto in soggetti già fragili i rischi sono molti, perché si perdono i rapporti umani. Questa situazione è accompagnata da attacchi di panico e stress”. Secondo Fabiana Forni di Quore, “questo tipo di dipendenza può aprire la strada a problemi più gravi con altre dipendenze”.

Dagli esperti arriva anche un rimprovero ai genitori, che non intervengono di fronte a segnali preoccupanti. “È chiaro che sono le mamme e i papà a comprare lo smartphone a ragazzini che altrimenti non potrebbero permetterselo – aggiunge Forni -. Sono loro i primi a volerli vedere omologati agli altri, spesso non sono i figli a chiedere il cellulare”